La storia ci ha ben poco conservato di tutto ciò che fecero i nostri padri, del come accettassero la missione miracolosa del povero Filippo Viotti. Ma il Santuario che sorse tosto sul luogo dell’apparizione ci parla in modo eloquente dell’esito felice di questa, che possiamo chiamare celeste ambasciata.
I Reggenti del Comune di Paitone dovettero credere all’evidenza del portento operato dalla potenza della Regina del Cielo. Sparsasi la voce della comparsa della Vergine in mezzo a loro quei felici abitanti, pieni di fede e di amore per la loro Madre celeste, piansero di gioia e di contento, e andarono a gara per preparare il materiale necessario all’erezione della Chiesa ad onore della Vergine Santissima.
Una generale antichissima tradizione ci narra, come questo entusiasmo per onorare Maria si estendesse alle terre circostanti, ed esse pure vollero partecipare alla fabbrica del Santuario, che avrebbe ricordato ai posteri un tanto avvenimento,
Nel 1534, in meno di due anni dopo l’apparizione di Maria, tutto era preparato per innalzare detta Chiesa e perciò se ne fece regolare domanda all’Ordinario diocesano per avere l’autorizzazione.
Il vescovo di allora Mattia Ugoni, luogotenente e vicario generale del Cardinal Cornelio dell’Ordine dei preti, del titolo di S. Pancrazio Duca di Brescia, Marchese e Conte, rispondeva dando l’implorata facoltà col presente decreto in data 11 Maggio (1).
” Ai diletti nostri in Cristo consoli del comune ed agli abitanti della terra di Paitone diocesi di Brescia, ed ai sindaci deputati alla suddetta fabbrica, salute sempiterna del Signore.
(1) Questo documento si conserva nell’archivio Municipale.
” Intenti sempre a quelle cose che appartengono all’aumento del divin culto ed alla divozione del popolo, prestiamo ben volentieri il Nostro assenso quando per questo ci viene richiesto. Perciò ricevuta l’umile e devota vostra domanda, or ora a Noi presentata, per fondare, per erigere, costruire e fabbricare una Chiesa conveniente e capace… in contrada del paese del vostro territorio di Paitone, e specialmente in quel luogo ove è apparsa la Santissima Vergine Maria e ove dicesi operare molti miracoli, Noi col tenore della presente lettera, concediamo, tale licenza e facoltà, purché si benedica la prima pietra da un Sacerdote e la si ponga colle solite cerimonie di rito e poscia da un idoneo Sacerdote si facciano celebrare Messe in detta Chiesa. Per questo permettiamo che possiate lecitamente e liberamente ricevere elemosine fatte, o che si faranno in detto luogo da fedeli devoti, ed adoperarle per detta fabbrica e per l’acquisto di paramenti ed ornamenti necessari pel divin culto e per altri usi della prefata Chiesa a gloria, lode ed onore di Dio Onnipotente e della Gloriosissima Vergine Maria “.
Ottenuto l’implorato permesso dalla Autorità ecclesiastica, non è a dire con quale slancio di fede i paitonesi si mettessero all’opera. In breve sorse quel bel edificio, che noi oggi ammiriamo, di stile semplice ma corretto, con la volta ornata d’affreschi e di stucchi a profusione: tutto ciò ci indica quanto amore ed affetto, quante generosità e sacrificio spendessero quei nostri maggiori per rendere degno della Vergine quel luogo ove Ella era apparsa tanto buona verso di loro.
L’altare tutto in marmo posa proprio sulla pietra dell’apparizione ove sedette la Gran Madre di Dio, pietra viva che è dato ammirare tutt’ora a qualunque devoto. Chiude il Presbiterio una cancellata di ferro che lo rende più sacro e raccolto.
Un portico o peristilio si aggiunse, in un’epoca posteriore, alla facciata della Chiesa, forse per difendere l’interno, ma più probabilmente per tenere al coperto la moltitudine dei devoti che accorrono a Maria. Anch’esso è opera ammirevole e forma un atrio stupendo per l’ingresso al tempio.
Tutto questo prova in quanta venerazione e come fosse rinomato il Santuario di Paitone. Ma come tutte le cose di quaggiù anch’esso andò soggetto, se non alla dimenticanza, certo alla indifferenza propria dei tempi notri.
Sorge però ora un’era gloriosa che illustrerà quel luogo sacro all’Augusta Regina, e ne sono felici auspici la stabile residenza del Sacerdote, pel quale ogni devoto trova un pronto servizio religioso; le opere incominciate in parte ed in parte compiute: quali le artistiche dorature e restauri all’interno della Chiesa e gli ampli loggioni preparati ai numerosi pellegrini per ripararli dalle intemperie delle stagioni e per dar loro quelle comodità neccessarie per chi, dopo lungo cammino, sente il bisogno di ristorare non che le forze dello spirito, anche quelle del corpo.
TR. PR.
La tradizione fa risalire all’agosto 1532 l’apparizione della Madonna sulla collina Lavignone al contadinello muto Filippo Viotti. II suo cognome lo fa ritenere di origine valtrumplina, e forse il Viotti stava a Paitone come “faméi”, ossia si trattava di uno di quei ragazzi che nei secoli passati erano messi a lavorare lontani dalla bro famiglia presso un’altra di contadini.
Il Santuario che sorse in brevissimo tempo sul medesimo luogo dell’apparizione è l’eloquente testimonianza dell’entusiasmo suscitato dall’avvenimento straordinario. I consoli, responsabili allora del comune di Paitone, si fecero interpreti della volontà popolare, si organizzarono nelle intenzioni e negli impegni, e chiesero al vescovo di Brescia l’autorizzazione a costruire la chiesa. La risposta che ne venne, datata 11 maggio 1534, cosi recita:
«Ai diletti nostri in Cristo consoli del comune ed agli abitanti della terra di Paitone, diocesi di Brescia, ed ai sindaci deputati alla suddetta fabbrica, salute sempiterna del Signore.
Intenti sempre a quelle cose che appartengono all’aumento del divin culto ed alla divotione del popolo, prestiamo ben volentieri il nostro assenso quando per questo ci viene richiesto. Perciò, ricevuta l’umile e devota vostra domanda, or ora a noi presentata per fondare, per erigere, costruire e fabbricare una Chiesa conveniente e capace… in contrada del vostro territorio di Paitone, e specialmente in quel luogo ove è apparsa la Santissima Vergine Maria e ove dicesi operare molti miracoli, Noi col tenore della presente lettera, concediamo tale licenza e facoltà, purché si benedica la prima pietra da un Sacerdote e la si ponga colle solite cerimonie di rito e poscia da un idoneo Sacerdote si facciano celebrare Messe in detta Chiesa. Per questo permettiamo che possiate lecitamente e liberamente ricevere elemosine fatte, o che si faranno in detto luogo da fedeli devoti, ed adoperarle per detta fabbrica e per l’acquisto di paramenti ed ornamenti necessari per divin culto e per altri usi della prefata Chiesa a gloria, lode ed onore di Dio Onnipotente e della Gloriosissima Vergine Maria».
La risposta è firmata da Matteo Ugoni, un’anziano prelato bresciano con una vita ricca di esperienza a Creta, a Verona, alla corte pontificia. Da sedici anni copriva la carica di vescovo vicario con saggezza e capacità di governo in assenza del vescovo titolare. L’Ugoni conosceva da tempo il Moretto e ne stimava la bravura per avergli commissionato dipinti di altre chiese e la decorazione della cappella di palazzo Ugoni in piazza del Novarino (ora del Foro) a Brescia. È probabile che sia stato lo stesso Ugoni a intervenire presso il pittore perché dipingesse la Madonna di Paitone, che gli storici dell’arte datano al massimo al 1535, giacché fino ad oggi non sono stati ritrovati documenti né sulla commissione né sul pagamento del dipinto.
A lavoro finito, la tela venne inserita nel Santuario che venne eretto rapidamente in stile semplice cinquecentesco.
Solo una grande fede sostenne la gente di Paitone, non ancora costituitasi a parrocchia, nel realizzare il Santuario, che dovette sicuramente costare innumerevoli sacrifìci. Paitone era una comunità piccola e debole economicamente. Lo si può desumere dai dati esposti nel 1609 dal podestà veneto di Brescia (una sorta di prefetto del tempo), Giovanni da Lezze, nel “Catastico” ch’egli presentò al Senato di Venezia al suo ritorno in patria.
Nella pagina relativa a Paitone, che viene riprodotta a pagina seguente dall’originale, il da Lezze descrive la situazione che non può essere stata molto dissimile da quella di 75 anni prima, perché nella storia del Bresciano di quei decenni non ci furono periodi di crescita economica e nemmeno sviluppo demografico.
«In piano, et monte con fuoghi [famiglie] 80. Anime 400 de quali utili [al lavoro] 120. Terra picciola di circuito mezo miglio confina con Nigolento, Goione [Prevalle], et Serle senza Castello o Rocca. II territorio è di longhezza poco piu di mezo miglio, et un miglio di larghezza. Nobili bresciani: Li Montini. Contadini: Li Faini, et Li Bertelli, gli altri sono poveri huomini, et lavorenti di campagna, la quale è parte sterile, et parte buona, essendo nel territorio piò di terra 300, vagliono Ii migliori d [ducati] 500, gli altri inferiormente.
Chiesa di S.ta Giulia cura senza entrada, et il prete è pagato dal Commun. Chiesa della Madona sopra il Monte fuori della terra, officiata qualche volta, et particolarmente ogni festa della Madona.
Il Commun è povero, et non ha altra entrada se non d [ducatil 100, che cava da un poco di bosco. La Vicinia(1) si governa nel modo che fà detta terra di Paitone.
Animali bovini n. 25. Cavalli da soma 4. Carri 12.»
Dal Catastico bresciano di Giovanni da Lezze, foglio 286. (1610).
– (1) La vicinia era il consiglio dei capifamiglia residenti e proprietari di terreni, che eleggevano annualmente i consoli rappresentanti del comune di Paitone nella quadra di Gavardo.
Nel Santuario stucchi a profusione della volta e delle pareti, affreschi e altri quadri si aggiunsero nel Settecento. Del secolo seguente è l’atrio o porticato che si appoggia alla facciata del tempio, costruito più probabilmente per tenere al coperto la moltitudine dei fedeli in pellegrinaggio. Per un certo periodo poi il Santuario fu anche stabile residenza di un sacerdote e si ingrandì la casa dietro l’edificio per dar asilo ai pellegrini.
Nell’Ottocento il culto della Madonna, particolarmente celebrata nel giorno dell’Assunta, la più popolare e solenne delle feste mariane nel Bresciano, prese particolare espressione in solenni feste e in sempre più frequenti pellegrinaggi, che vennero assumendo forme di vere e proprie manifestazioni di massa.
Nei quattro anni che precedettero la celebrazione del quarto centenario dell’apparizione si restaurò l’organo, furono collocati nuovi confessionali, lo zoccolo della navata venne ricoperto di marmi; ma vennero anche trasferiti numerosi ex voto e tavolette votive delle quali, da una ricerca operata nel 1981, rimangono solo cinque, di cui una del 1600 è posta nella sede del Municipio. Dal 14 al 16 agosto 1932, giorni di apertura delle celebrazioni centenarie, presenziarono i vescovi di Lodi, di Crema e il nunzio apostolico in Somalia, il vescovo Venanzio Filippini, nativo di Nuvolera, che cresimarono quasi cinquecento fedeli.
La tradizione dei pellegrinaggi mariani continuò. Lo si legge in una nota giornalistica di cronaca del 1951 stesa da Alfredo Gatta.
«”In 85 anni che vengo quassù non ho mai visto un San Rocco così piovoso” dice al parroco – rettore il Fabiano di Nuvolento. E costui un bel vecchio asciutto e dritto, dai bianchi baffoni ricurvi, alla Umberto, saldissimo sulle gambe e lucido nella mente nonostante le novanta primavere. Ha cominciato da bimbetto, tenuto per mano dalla mamma, a guadagnare la sassosa salita del santuario, e lungo l’arco di diciotto lustri, davvero sani e giulivi, non è mai mancato alla sagra religiosa. Di temporali, a metà d’agosto, egli ne ricorda parecchi ma erano tutti passeggeri e provvisori, cioé tipicamente stagionali con cupe sarabande di tuoni e guizzar di lampi e rovesci violenti. Oggi, invece, nel bel mezzo di questa strana estate meteorologica il lavacro dell’acqua è uniforme e monotono, e sotto lo smorto cielo che grava sul largo scenario della pianura, rialzata laggiù verso il presagio del Garda da brune colline, la verde marea delle campagne esprime una malinconia autunnale. Piangono fra le livide rocce del monte i roveri, i pini, gli eucedri, i bassi boschetti, l’orticello grasso ai piedi della chiesa, e i platani a fianco del sagrato. S’affloscia l’inutile tendone, e l’aria pungente vi gioca intorno capricciosa… Ieri, invece, prima giornata delle due feste di Ferragosto il sole spaccava il pietroso dorsale e i pellegrini affollavano l’artistico tempietto. Ne giungono a schiere tutti gli anni. Calano giu nella notte da Serle con le lanterne per rischiararsi il cammino, vengon su dal piano a tutte le ore. Sono gruppi salmodianti che, preferibilmente a piedi, arrivano da Bedizzole, Ghedi, Lonato, Montichiari… Le comitive di paesi lontani seguono il progresso della meccanica, ma ancorché motorizzate, dimostrano una devozione sentita. Hanno tutti da chiedere qualcosa a questa Madonna miracolosa. Grazie ne ha sempre dispensato da quando e apparsa al piccolo sordomuto che raccoglieva le more fra i rovi».
Nel febbraio 1980, il parroco di Paitone, don Angelo Treccani, lanciò un appello alla popolazione di Paitone affinché potesse essere celebrato degnamente il vicino 450mo anniversario dell’apparizione della Madonna. L’intenzione era quella di fare del Santuario «un luogo d’incontro e di dialogo, di preghiera e di niflessione, un luogo in cui gli uomini, incontrandosi tra di loro, possano scoprire la gioia di vivere insieme nel nome del Signore». Si progettò un piano d’intervento molto particolareggiato per opere di ristrutturazione, di rifacimento e di consolidamento del Santuario e dell’edifìcio adiacente.
Tutta la popolazione di Paitone ha risposto con entusiasmo e spirito di collaborazione, orgogliosa del monumento religioso che è vanto del paese e che gli dà lustro. Nell’arco di due anni e mezzo le generose offerte in denaro, in materiali grezzi o finiti, e soprattutto in ore di lavoro gratuito di moltissimi parrocchiani consentirono di dare al Santuario un volto nuovo.
Il tetto, completamente rifatto con la gronda avanzante di un metro sul muro a protezione dello stesso (a differenza dell’antico che era spiovente al muro) garantisce l’interno del Santuario contro l’ingiuria del tempo. All’interno è installato un sistema di sicurezza contro i tentativi di trafugare la preziosa tela del Moretto. Questa è stata ricollocata nella sede di sempre dopo il furto avvenuto nella notte tra il 20 e il 21 agosto 1980 e il suo miracoloso ritrovamento da parte dei carabinieri, solo dieci giorni dopo, nella campagna tra S. Zeno e Borgosatollo. L’accurato restauro della tela, patrocinato dalla Sovrintendenza delle belle arti di Mantova l’ha riportata all’originaria vivezza e trasparenza di colore e ne assicura la conservazione.
All’esterno del tempio sono stati rinnovati la maestosa gradinata di accesso nonché il sagrato con piazzaletti a varie quote e il muro della facciata a sud.
Altre importanti opere realizzate sono i nuovi servizi comunitari. Il ristoro e l’alloggio antichi sono stati completamente trasformati. Dai vecchi locali sono usciti un salone di m 14,5 per m 4,50 ad uso di riunioni e conferenze, alcuni locali per i pellegrini in transito e per la meditazione, un appartamento per le religiose che saranno fedeli custodi del Santuario e un’accogliente sala di ristoro.
Il 14 agosto 1982, giorno dell’apertura dei solenni festeggiamenti che, con iniziative varie distribuite nel tempo, termineranno nel settembre 1983, il Santuario è pronto per la sua nuova funzione auspicata nel 1980, quella di diventare una casa della preghiera, di silenzio spirituale, consacrato al culto della Madonna, fatta segno di rinnovata devozione e ritenuta sorgente di grazie spirituali e temporali. D’ora in poi il Santuario sarà dunque un punto di riferimento di devozione religiosa e di serenità spirituale. Esso porterà il nome di Eremo Effata, “apriti”, la parola pronunciata dal Salvatore nel dare la parola al muto (Mc, VII, 31-37).
L’Apparizione è fissata all’agosto del 1532, mentre l’autorizzazione ad edificare il santuario fu concessa alla comunità di Paitone con decreto dell’11 maggio 1534 del Vescovo Mattia Ugoni, ausiliare dell’ordinario di Brescia card. Francesco Cornaro, in cui, fra le altre cose, si legge appunto che “… ricevuta l’umile e devota vostra domanda, or ora a noi presentata, per fondare, per erigere, costruire e fabbricare una chiesa… in quel luogo ove è apparsa la Santissima Vergine Maria e ove dicesi operare molti miracoli, noi con tenore della presente lettera, concediamo tale licenza e facoltà…”. È intorno a questa data che dobbiamo collocare anche l’esecuzione del dipinto del Moretto.
P.V. Begni Redona, Alessandro Bonvicino Il Moretto da Brescia, Brescia 1988 pag. 266.